Perché il femminismo serve anche agli uomini? È la domanda a cui il filosofo femminista Lorenzo Gasparrini cerca di rispondere in questo saggio brevissimo, meno di sessanta pagine, ma denso di spunti e riflessioni interessanti.
Gasparrini cerca di spiegare quanto sì, i femminismi siano pratiche di libertà create dalle donne per sfuggire alle oppressioni della società maschilista, ma anche come questi movimenti possano smontare una società tossica non solo per le donne, ma anche per gli uomini. L’autore rivolge, infatti, lo sguardo alle brutture e alle costrizioni in cui la società patriarcale, di cui il capitalismo è figlio, tenta di rinchiuderci.
Col termine patriarcato si intende quel sistema di potere che manifesta e fissa un sistema “maschile” eterosessuale di oppressione verso generi che hanno difficile accesso a posizioni di potere, subiscono discriminazioni o sono soggetti a pregiudizi culturali. […] Non sono solo i maschi etero ad agire e perpetuare il patriarcato, perché questo è un sistema che crea ruoli di potere che possono essere agiti da chiunque. Ci sono donne, uomini non etero, persone transgender che agiscono il patriarcato, che sono sessist*; lo fanno perché educati e educate da quel sistema per quel sistema.
Un sistema di potere atavico, legato al concetto di famiglia tradizionale con a capo l’uomo di famiglia (pater familias), in cui prevale una gerarchia piramidale di ruoli e di poteri. Questo sistema perpetuato nei secoli, è ancora dominante nella società odierna dove l’uomo bianco, occidentale eterosessuale continua ad avere maggiori possibilità e privilegi sociali. Battendosi contro questa costruzione sociale sessista, Gasparrini analizza i principali inganni che la società patriarcale ha creato nei pensieri degli uomini. Questi ultimi, credendosi liberi, sottomettono la propria individualità di essere umano, ad un sistema fallace ed ingannevole.
È la società a decidere chi e come debbano essere: l’uomo che deve sempre dare il massimo, il macho che non può mostrare emozioni, l’uomo che non deve mai chiedere aiuto e mostrarsi fragile, l’uomo potente, passionale, combattivo, attraente. L’uomo si omologa a ciò che la società chiede, dimenticando quelle caratteristiche che lo rendono unico, indipendentemente dal sesso di appartenenza. Sia chiaro che Gasparrini non si schiera contro il sesso maschile tutto, ma contro quei comportamenti sessisti, radicati nella nostra cultura da secoli, adottati da tanti uomini e tante donne. Non colpevolizza gli uomini in generale, ma chiede loro lo sforzo di un’apertura mentale, lo sforzo di togliersi di dosso le catene di una società che incasella loro (e le donne) in un’etichetta e in un dettame ben preciso.
Pochissimi uomini arrivano spontaneamente ad accorgersi che anche il loro genere, tutto ciò che concepiscono come “naturale” del loro essere uomini, è il prodotto di precise direttive culturali create per uno scopo, in una precisa epoca. Questi inganni, queste sviste, sono il prodotto di precise strategie culturali: […] la delirante religione dell’”essere se stessi” in un mondo culturale che penalizza chiunque non si conforma, il culto del successo ottenibile soltanto tramite forme di potere non condiviso ( essere il più ricco, il più bello, il più geniale, il più potente) […] la svalutazione dell’interiorità, dello spazio delle emozioni.
L’autore cerca di sdoganare quei pregiudizi che fanno del femminismo il contrario del maschilismo, che reputano il femminismo una cosa solo per donne, che vedono a capo di questo frigide o lesbiche, puntualizzando come, invece, questo movimento abbia cercato e cerchi la parità e non la supremazia.
Conoscere le dinamiche di una società patriarcale che spinge a rilegare soltanto le donne alla sfera emotiva e a cercare nell’uomo solo la figura del macho, significa compiere il primo passo verso il cambiamento.
La disamina del saggista risulta ben articolata, comprensibile e illuminante. Il lavoro di Gasparrini non rimane nella vacuità discorsiva, ma si cala nella quotidianità dandoci le linee guida per riconoscere quei comportamenti e quelle costruzioni sociali dannose, a cui siamo invece abituati. Basti pensare al linguaggio, a come la maggior parte degli insulti della nostra lingua siano riferiti alla sfera femminile, a quante parole (soprattutto nell’ambito professionale) vengano declinate soltanto al maschile, pur avendo due generi. Oppure a quanti pochi siano i nomi di donne scrittrici e attiviste presenti nei libri scolastici. Queste non sono futilità, ma piccoli meccanismi, che ogni giorni alimentano il sessismo, che bisogna interrompere.
L’universo racchiuso nelle persone davanti a noi deve uscire da quel corpo che lo vive, e non dalle idee che secondo me sarebbero quelle più giuste per esprimerlo.