Aron Hector Schmitz, conosciuto dai più con lo pseudonimo di Italo Svevo, nasce il 19 dicembre del 1861 a Trieste. Sesto degli otto figli sopravvissuti di Francesco Schmitz, ebreo di origini tedesca, e dell’italiana Allegra Moravia.
I genitori, dopo aver passato anni difficili, riescono a risollevare le finanze di famiglia fondando, proprio nel 1861, una casa di commercio in società. Si trasferiscono allora nella casa in via dell’Acquedotto, diventata via XX settembre, dove oggi è possibile riconoscere l’abitazione grazie ad una targa commemorativa.
L’osservanza religiosa nella famiglia Schmitz non è particolarmente rigida ma, seguendo i principi ebraici, prevede il rispetto delle feste principali e il riposo del sabato.
Dal 1867 Ettore e suo fratello Adolfo iniziano a frequentare la scuola israelitica elementare, che coniuga lo studio della lingua italiana e tedesca a quello della tradizione religiosa ebraica. Dopo questa, gli studi continuano nella scuola commerciale e nel 1874 i fratelli vengono mandati dal padre a Segnitz am Mein, in Baviera, nel collegio diretto da Samuel Spier.
Fin da piccolo Ettore dimostra un forte interesse per la letteratura, in particolare per i romanzi francesi, e proprio durante il periodo tedesco ha modo di coltivare la sua passione, per amore della quale fonda un piccolo circolo letterario. Si appassiona ad autori come Schiller, Hauff, Heine, Shakespeare, Ghoete ma soprattutto Schopenhauer, tra i suoi autori preferiti.
Questo è anche il periodo in cui si avvicina al vizio del fumo, ossessione della sua intera esistenza.
Il ritorno a Trieste
Nel 1878 i fratelli Schmitz fanno ritorno a Trieste. Elio, fratello di due anni più giovane di Ettore, è una delle persone a lui più vicine e più care negli anni dell’adolescenza e della fanciullezza.
Sarà lo stesso Ettore a far scoprire a suo fratello una vita diversa da quella del mercante, prospettata dal padre.
Il rapporto tra Ettore e suo padre è contrastante a causa delle imposizioni paterne di rinunciare alle ambizioni e alle passioni in vista di una miglior condizione economica famigliare.
Tornati a Trieste, infatti, travolti dalle difficoltà economiche in cui grava la famiglia, i fratelli sono costretti a rinunciare ai propri sogni: Ettore, innamorato della letteratura mette da parte il desiderio di studiare a Firenze e il fratello Elio rinuncia a proseguire gli studi di medicina e di musica.
Si iscrivono entrambi all’Istituto Superiore Commerciale e nel 1880 Ettore inizia a lavorare in banca ed Elio come commerciante.
Nel 1883 Elio si ammala di nefrite; morirà tre anni dopo. Con la morte dell’amato fratello, muore una parte di Ettore.
Vite parallele
Il 28 settembre 1880, Ettore inizia il suo nuovo lavoro presso la Unionbank di Trieste come impiegato addetto alla corrispondenza francese e tedesca, lavoro che prosegue per ben diciotto anni. La passione di Ettore per la letteratura persiste, come dimostra il suo interesse per il teatro e i tentativi attoriali falliti in una Trieste forte del fervore culturale.
Il teatro era visto come mezzo per attenuare quelle difficoltà linguistiche presenti in una città, già all’epoca, multiculturale. Una città di teatro, specchio di quella viennese, la cui borghesia risente di grandi sentimenti italiani.
Inizia così una vita parallela a quella da impiegato, nella quale Ettore inizia a scrivere per il teatro, cimentandosi in diverse commedie. In questo periodo, terminate le ore in ufficio, Schmitz si reca nella Biblioteca Civica di piazza Lipsia avvicinandosi ad autori come Dante, Carducci, De Sanctis, Flaubert, Zola e Balzac.
La routine diurna da impiegato, dalla quale lo scrittore trae la materia per il romanzo Una vita, procede di pari passo con una vita notturna fatta di studio, meditazione e lettura.
Fondamentale per la formazione culturale e intellettuale di Svevo è il naturalismo di Zola: il nuovo approccio al teatro che prevede di spostare l’attenzione dall’azione, ai caratteri.
Sulla scia delle aspirazioni intellettuali, intrattiene una collaborazione, di circa dieci anni, con il giornale triestino «L’indipendente», per il quale scrive articoli di interesse culturale, ma anche di politica estera.
La redazione diviene per Ettore non solo un luogo di lavoro, ma un ambiente di condivisione di idee. Con le persone conosciute e frequentate sul lavoro lo scrittore condivide gli orientamenti e le aspirazioni politiche irredentiste.
Una vita
Continuano, tra i primi anni ’80 e la stesura del primo romanzo, i tentativi come scrittore teatrale. L’interesse per il teatro lo accompagna per tutta la vita dividendo la critica, nel corso degli anni, sulla validità delle commedie dell’autore.
Nel 1887 Ettore Schmitz inizia la stesura del romanzo Una vita, che vedrà la luce soltanto nel 1892. Dopo un rifiuto da parte della casa editrice Treves, Ettore decide di pubblicare l’opera a proprie spese, in mille esemplari, presso il tipografo triestino Ettore Vram.
Sulla copertina figura lo pseudonimo dell’autore: Italo Svevo1.
Del romanzo, tra i più interessanti della fine del secolo e antesignano dei romanzi del Novecento, rimane impressa nel lettore l’immagine del protagonista Alfonso Nitti: ragazzo incapace di vivere la propria vita, inetto (Inetto era il titolo inizialmente scelto per l’opera), che si ritrova a destreggiarsi tra la vita alienante da occupato di banca e l’aspirazione dell’intellettuale.
È facile intuire la nota autobiografica dell’opera nella quale si rivede la vita del giovane Ettore Schmitz che, all’epoca della composizione, aveva soltanto ventisei anni.
Si ritrovano nel romanzo le forti suggestioni di Balzac e di Zola. Sullo sfondo la città di Trieste, dura immagine di una città borghese e capitalistica e l’intenzione dell’autore di tratteggiare, sull’esempio di Zola, i caratteri della borghesia mercantile.
L’opera non otterrà però il successo sperato.
Livia
Livia Fausta Veneziani, cugina di Ettore e futura moglie, di tredici anni più giovane di lui, nasce il 7 dicembre del 1874. Livia inizia a frequentare casa Schmitz per impartire lezioni di francese a Sarah, nipote di Ettore. Qui i due hanno modo di vedersi e di conversare e Livia scopre un ragazzo interessante e colto. I due si avvicinano nel periodo di malattia della madre di lui, fino al doloroso addio.
La madre di Livia, però, nutre avversità nei confronti di Ettore a causa della differenza di età tra lui e sua figlia, del censo modesto su cui grava ancora il ricordo dei problemi finanziari della famiglia Schmitz, della differenza di religione, essendo lei e la sua famiglia cattolici, e soprattutto la reputazione di letterato senza fortuna.
La famiglia di Livia, inoltre, all’epoca, era una delle più note nella città di Trieste, per l’invenzione del padre Gioachino Veneziani, di una formula di vernici anticorrosive per le cinghie delle navi. Questa formula e l’annessa fabbrica costituì la fortuna della famiglia, divenuta fornitore delle flotte militari più importanti del mondo: Italia, Usa, Russia, Giappone e tante altre.
Alla morte di Gioachino, l’azienda passa nelle mani della moglie Olga: capo duro e pretenzioso e figura onnipresente.
Livia ed Ettore, nonostante le avversità e la sfiducia della suocera, si fidanzano il 20 dicembre del 1895, ma il periodo del fidanzamento per Ettore si rivela difficile: su di lui grava una forte gelosia nei confronti della futura moglie, incomprensioni dovute alle differenze di credo, e soprattutto una profonda insicurezza derivante dall’inferiorità sociale nei confronti di Livia e della sua famiglia.
Passati i turbamenti i due si sposano, con rito civile, il 30 luglio del 1896. Il 20 settembre dell’anno successivo nasce la piccola Letizia Schmitz.
Ettore, dopo l’insuccesso di Senilità, secondo romanzo dell’autore, si decide a lasciare il lavoro di impiegato in banca per entrare nell’azienda della famiglia Veneziani. Con questo gesto rinuncia alla pratica della letteratura per dedicarsi al commercio; lavorerà nell’azienda per ben diciotto anni.
Senilità
Allo stesso periodo del fidanzamento e del corteggiamento di Livia è da collocare la stesura di Senilità, secondo romanzo di Italo Svevo. A questo l’autore lavora dal 1892 al 1897.
Il romanzo appare, nel 1898, in appendice sull’«Indipendente», giornale con il quale l’autore collabora, suddiviso in 78 puntate e successivamente pubblicato in volume a spese dell’autore stesso.
Il romanzo, stroncato dalla critica, si rivela una vera delusione per Ettore, tanto da spingerlo ad un silenzio letterario di ben venticinque anni.
Solo successivamente, alla pubblicazione de La coscienza di Zeno, Senilità verrà pubblicato da una casa editrice milanese ed apprezzato.
Sulla scia di Una vita, Senilità trae spunto dal naturalismo francese di Zola consegnandoci un altro uomo inetto, Emilio Brentani, scrittore fallito che conduce una vita apatica, incapace perfino di farsi coinvolgere da una situazione amorosa.
Anche in quest’opera è facile riconoscere la proiezione dello stesso Ettore Schmitz, soprattutto alla luce degli eventi che caratterizzano la sua vita in quel particolare momento.
Troverai la seconda parte della biografia di Italo Svevo nel prossimo articolo!
1 Lo pseudonimo “Italo Svevo” non sarebbe una rivendicazione della propria discendenza germanica (sveva), ma il ricordo del lungo soggiorno nel paese durante l’adolescenza e un atto d’amore nei confronti di Schopenhauer, suo autore preferito. Italo Svevo. La coscienza di un borghese triestino, Enrico Ghidetti, Roma, Editori Riuniti, 1980, p.18.