Pubblicato nel 1884, Flatlandia del filosofo e teologo Edwin A. Abbott è una vera e propria allegoria matematica della società vittoriana. Al momento della pubblicazione il testo non attirò l’attenzione che gli sarebbe stata riservata successivamente. In quest’opera, divenuta ormai un classico della letteratura fantastica, lo scrittore londinese immagina il mondo di Flatlandia, un luogo a due dimensioni abitato da figure geometriche più o meno complesse. In questo mondo immaginario vivono i triangoli equilateri, che rappresentano il ceto medio, quadrati e pentagoni, che impersonano i professionisti e i gentiluomini, esagoni e poligoni, gli aristocratici di vario livello, e le semplici linee rette, le donne.
Al vertice della società si trovano i cerchi, figure che detengono il potere. Appare netta la divisione delle classi sociali in questo sistema gerarchico basato sul numero di lati delle figure, che si distinguono oltre che per le loro forme, anche per le diverse capacità. I poligoni, infatti, maggiormente istruiti e benestanti sono in grado di riconoscersi tramite la vista, mentre nelle classi inferiori il metodo di riconoscimento tra le figure è il tatto, oppure l’udito. A guidare il lettore nella storia è il Quadrato protagonista, un professionista che vive semplicemente la sua vita ponendosi poche domande sulla propria esistenza e il proprio mondo, finché non fa un incontro inaspettato.
Il divario sociale di Flatlandia ricalca, ovviamente, la disparità tra ricchi e poveri che caratterizzò l’epoca vittoriana, durante la quale in Inghilterra era forte la scissione tra classe agiata, istruita e benestante, e classe operaia, sfruttata e costretta a lavorare in condizioni disumane.
Interessante, inoltre, la caratterizzazione delle linee rette, le donne, che all’interno di questa realtà bidimensionale non hanno alcuna voce in capitolo, sono considerate incapaci di apprendere e conoscere, e relegate nella parte più bassa della scala sociale. Le donne di Flatlandia, essendo ritenute prive di raziocinio e di memoria, e totalmente schiave dei sentimenti, sono considerate pericolose e violente. Inoltre, a differenza degli uomini che possono aspirare all’ascesa verso una classe superiore, loro non possono nutrire tale speranza.
In alcuni Stati vige un’ulteriore Legge che proibisce alle Donne, pena la morte, di passeggiare […] altre leggi costringono le Donne in viaggio a farsi seguire da un figlio o da un servo o dal marito, altre ancora relegano definitivamente le donne in casa, salvo nelle festività religiose. Tuttavia i più saggi tra i nostri Cerchi o Statisti hanno compreso che la moltiplicazione delle restrizioni imposte alle donne porta non solo all’indebolimento e alla graduale estinzione della razza, ma anche […] che con un Codice troppo rigido uno Stato perde più di quanto guadagni.
Appare evidente quindi, nel corso della lettura, la severa, e poco velata, critica di Abbott nei confronti della condizione della donna del suo tempo che, proprio come la linea retta del suo libro, non aveva diritto al voto, né possibilità di istruzione, né tanto meno di indipendenza, ma era esclusivamente relegata alla sfera domestica e ricopriva un ruolo sociale marginale.
La discriminazione in Flatlandia non avviene solo nei confronti delle donne, ma anche verso i cosiddetti “irregolari”, figure con minime imperfezioni fisiche che vengono viste con diffidenza dalla famiglia, irrise dalla società, escluse da ogni posto di responsabilità e dalle attività socialmente utili. A tal proposito, il Quadrato racconta della cosiddetta Rivoluzione Cromatica, una sorta di periodo di ribellione, soffocato velocemente dai cerchi supremi, durante il quale i cittadini di Flatlandia lottarono per una società più equa per tutti. Alcuni critici hanno visto in questo movimento rivoluzionario descritto da Abbott un rimando alla Rivoluzione francese.
Il libro è diviso in due parti, nella prima parte Abbott descrive il mondo immaginario di Flatlandia con dovizia di particolari: partendo dalle abitazioni, ai diversi modi di riconoscimento tra le forme geometriche, ai possibili movimenti all’interno del mondo bidimensionale, dilungandosi a volte in spiegazioni geometrico-matematiche, ma dimostrando la forza della propria immaginazione e originalità. Nella seconda parte, il Quadrato, io narrante del mondo bidimensionale, fa un incontro inaspettato con una Sfera, figura abitante di Spaziolandia che rivela al protagonista l’esistenza di altre dimensioni, aprendo la sua mente verso un mondo sconosciuto. Ciò che la Sfera mostra al semplice Quadrato, attiva in lui una forte voglia di conoscenza, tanto da spingerlo ad ipotizzare mondi con più dimensioni e a dubitare di ciò in cui ha creduto fino a quel momento.
In passato, alcuni hanno visto in questa particolare opera e nell’indagine sulla quarta dimensione una sorta di profezia che anticipava le scoperte di Einstein, ma la critica moderna ritiene che le possibili letture a cui sottoporre Flatlandia siano due. Da una parte quella per la quale lo scritto di Abbott mira a confermare la fede cristiana, essendo lui un teologo di grande fama, attraverso la contestazione del darwinismo. Come ben sappiamo, infatti, protagonista dell’epoca vittoriana fu la teoria evoluzionistica di Charles Darwin e la sua opera cardine L’origine della specie (1859).
L’origine della specie scosse fortemente le fondamenta del credo tradizionale, colpendo quindi nel profondo lo stesso Abbott, che avrebbe risposto allo scienziato attraverso questo breve e pungente libro.
Dall’altra parte, Flatlandia deve essere letto come una feroce critica sociale. È evidente la severa contestazione di Abbott al classismo, alla subalternità delle donne, all’immobilismo della scala sociale, all’osteggiamento del progresso. Un’opera che con grande originalità, attraversando i piani dimensionali e personificando figure geometriche di vario tipo, fornisce una brillante lettura critica dell’Inghilterra del XIX secolo imponendosi nell’Olimpo della letteratura fantastica.