Giuseppe Ungaretti, tra i più grandi poeti italiani di tutti i tempi, nasce l’8 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto dove i genitori, originari di Lucca, si sono trasferiti per lavorare nei cantieri del canale di Suez. Ungaretti all’età di nove anni inizia gli studi presso l’Istituto don Bosco, dove si avvicina all’opera di Leopardi e dal 1904 frequenta l’École Suisse Jacot. In questa scuola svizzera, una delle più prestigiose della città, studia quegli scrittori che influenzeranno gran parte della sua produzione poetica: Baudelaire, Pascoli, D’Annunzio, Mallarmé, Nietzsche. Durante questi anni diventa amico di Enrico Pea ed inizia alcune collaborazioni letterarie. Inoltre, stringe rapporti con il gruppo della rivista fiorentina «La Voce».
Già appassionato della letteratura francese e della filosofia, nel 1912, decide di lasciare l’Egitto per trasferirsi a Parigi e frequentare la Sorbonne Université. Qui segue i corsi di Henri Bergson, conosce i maggiori esponenti dell’avanguardia francese, Picasso e Apollinaire, e di quella italiana. Nel 1915, infatti, appaiono le sue prime poesie sulla rivista fiorentina fondata dagli amici Soffici e Papini: «Lacerba».
Allo scoppio della guerra Giuseppe Ungaretti torna in Italia e nel 1915 si arruola volontario e combatte da soldato semplice sul Carso e sul fronte di Francia. Da questa esperienza, che segna la sua intera esistenza, nasce la prima raccolta poetica: Il Porto sepolto.
Il Porto Sepolto di Giuseppe Ungaretti
Il Porto Sepolto esce in soli 80 esemplari a Udine nel 1916, ma sarà il nucleo centrale della raccolta Allegria dei naufragi, edito da Vallecchi nel 1919.
L’opera risente fortemente dell’influenza di Niezsche e Baudelaire e si impone immediatamente all’attenzione per la sua fulminea essenzialità, di cui Ungaretti è maestro.
Ciò che fa innescare la riflessione del poeta è la guerra, i versi dell’opera vengono scritti infatti durante l’esperienza bellica su carte di fortuna e stampate per la prima volta grazie all’aiuto del tenente Ettore Serra. A questo Ungaretti dedica la poesia Commiato nell’edizione 1916. Quello del poeta Ugaretti è un viaggio verso l’interno, verso la profondità del proprio io. La paura, il senso di smarrimento, la morte, il senso di fragilità portano alla riflessione, alla ricerca di sé stesso e della propria patria.
A differenza di Allegria di naufragi che si impone come raccolta poetica, Il Porto sepolto è una vera e propria opera poetica che per Ungaretti ha un valore assoluto. Il poeta, infatti, rivendica la novità della propria scrittura nella struttura, nella metrica, nella fonicità, riconoscendo che quegli 80 esemplari inviati ad alcuni amici italiani e francesi, vennero visti come una specie di miracolo poetico. Le essenziali parole del poeta, squarciano il cuore sprofondando l’Io nel suo abisso interiore.
Le parole di Giuseppe Ugaretti
Si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s’intitolasse Il Porto Sepolto. Verso i sedici, diciassette anni, ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile […]. Quegli amici avevano ereditato dal padre una biblioteca raccolta con precisione di curiosità e di gusto, una biblioteca romantica ch’essi avevano arricchita con opere dei poeti e degli scrittori contemporanei. […] Abitavano fuori d’Alessandria, in mezzo al deserto, al Mex. Mi parlavano d’un porto, d’un porto sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima d’Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città. Non se ne sa nulla. […] Non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto: Il Porto Sepolto.
Ritorno a Parigi
Nel 1918, dopo aver combattuto sul fronte francese della Champagne, si trasferisce nuovamente a Parigi dove conosce la giovane Jeanne Dupoix, con cui si unisce in matrimonio il 3 giugno del 1920 e da cui avrà due figli.
Nella città francese collabora con il giornale «Littérature» e come corrispondente per «Popolo d’Italia» di Benito Mussolini. Lo stesso Mussolini scrive la prefazione alla seconda edizione dell’Allegria, ancora con il titolo Il Porto Sepolto, uscita nel 1923.