Luigi Pirandello nasce ad Agrigento, il 28 giugno del 1867, da famiglia benestante della borghesia commerciale. Vede la luce in una villa detta “Il Caos”, da qui l’auto-definizione di “figlio del Caos”. Durante l’infanzia non frequenta la scuola, ma studia privatamente con un precettore. A undici anni il padre lo iscrive alla regia scuola tecnica di Agrigento, ma durante l’estate, Luigi, all’insaputa dei genitori, prepara il passaggio agli studi classici.
L’esperienza universitaria di Pirandello
A causa di un dissesto economico, la famiglia si trasferisce a Palermo dove, finalmente, Luigi può frequentare il Liceo Classico Vittorio Emanuele II. Nel 1886 si iscrive contemporaneamente alla facoltà di Legge e di Lettere dell’Università di Palermo. Il soggiorno a Palermo è importante per la sua formazione intellettuale: in questo periodo conosce molti uomini di teatro, che scatenano in lui l’interesse drammaturgico, e letterati che lo avvicinano ad autori come Carducci e Stecchetti. L’anno successivo, Luigi lascia la sua terra per trasferirsi all’Università di Roma. Si iscrive alla facoltà di Lettere e dimostra particolare interesse per la filologia romanza sotto la guida dell’illustre professor Ernesto Monaci. Nel novembre del 1889, si trasferisce all’Università di Bonn e lì si laurea, nel 1891, con una tesi, in lingua tedesca, sulla fonetica dei dialetti greco-siculi. Durante il periodo tedesco si dedica alla lirica, scrivendo ben due raccolte di poesie.
Le prime pubblicazioni di Pirandello
Torna in Italia e a Roma intraprende una fervida attività creativa tra novelle, poesie, lavori teatrali. Viene introdotto nell’ambiente letterario romano da Luigi Capuana che lo indirizza sul lavoro di prosa. Nell’estate del 1893, infatti, Pirandello scrive il suo primo romanzo: Marta Ajala. Quest’ultimo, ispirato ad un sua novella e al romanzo Giacinta di Capuana, viene pubblicato soltanto nel 1901 con il titolo L’esclusa. Nel gennaio del 1894 sposa, con un matrimonio combinato dalle rispettive famiglie, Maria Antonietta Portulano, figlia di un socio del padre. Dal matrimonio nascono tre figli. Nello stesso anno, Pirandello pubblica la sua prima raccolta di novelle Amori senza amore. L’anno successivo scrive il secondo romanzo Il turno.
La polemica tra Pirandello e D’Annunzio
Il 1896 è l’anno in cui comincia la collaborazione al periodico fiorentino «Il Marzocco», proprio su queste pagine intraprende una polemica contro l’estetismo di Gabriele D’Annunzio, con cui rivendica allo scrittore una funzione di coscienza critica e negativa, contro il ruolo dannunziano del letterato che crea cose belle e illusioni.
Dannunzianesimo e pirandellismo s’imposero come mode culturali nel primo e secondo decennio del Novecento: il simbolismo e le spinte dilettantesche e decadenti cui D’Annunzio dava corpo corrispondevano ai relativismi, agli irrazionalismi […] che giungevano fino a Pirandello. Se, tuttavia, il dannunzianesimo perdeva di vista gli aspetti più significativi della visione organizzativa e produttiva del teatro che il poeta pescarese esprimeva con la sua concezione drammaturgica, il pirandellismo si attardava nel maneggiare i temi del mascheramento e delle finzioni relazionali, in famiglia e in società, risolvendole in sempre più ripetitive e generiche dimensioni esistenziali1.
Dal 1897 al 1922 ricopre il ruolo di docente universitario presso il Magistero di Roma. L’attività da insegnante universitario gli pesa sempre di più, con il passare degli anni, perché è difficile coniugarla con gli impegni a teatro e con il grande successo ottenuto.
Un periodo difficile
Il 1903 è un anno infausto per Pirandello, l’azienda di estrazione di zolfo di suo padre si allaga e questo comporta una forte crisi economica per l’intera famiglia. A causa dei problemi economici, la moglie Maria Antonietta, la cui dote è stata investita nell’azienda di famiglia, ha un crollo nervoso ed inizia a soffrire di squilibri mentali. Pirandello sconvolto da questa grave situazione famigliare inizia a soffrire di depressione, ma riesce a portare avanti, per necessità, la sua produzione letteraria. La sua forza d’animo e l’ostinazione vengono ripagati e nel 1904 esce a puntate sulla «Nuova Antologia», Il fu Mattia Pascal.
Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello
Il fu Mattia Pascal rappresenta il primo grande successo di Luigi Pirandello, la prima decisiva affermazione del suo genio e della sua voce. Quest’opera gli consente, infatti, di entrare nella casa editrice Treves. Pirandello assimila la lezione verista di Capuana e la supera nella sua poetica, rivolgendo lo sguardo alla solitudine dell’individuo e alla sua impossibilità di comunicare con gli altri. In questo modo rappresenta il drammatico contrasto tra realtà e apparenza, a causa del quale perfino il personaggio perde la propria identità, diventa uno sconosciuto anche a se stesso subendo una profonda crisi esistenziale. Il fu Mattia Pascal con la storia di Adriano Meis, uomo che smarrisce la propria identità, rappresenta l’emblema della poetica pirandelliana, che evolverà maggiormente nei lavori successivi, e il naufragio degli ideali romantici e risorgimentali. Quello di Pirandello è una sorta di anti-romanzo che si realizza compiutamente nella concezione del doppio.
1Manuale di letteratura italiana, Franco Brioschi, Costanzo Di Girolamo, Bollati Boringhieri, Torino, 1996, p. 1048.