Gli occhiali d’oro, pubblicato nel 1958, non è sicuramente l’opera più nota di Giorgio Bassani, ma rientra a pieno diritto tra i lavori dell’autore da riscoprire.
Ritenuto, dallo stesso autore, uno dei suoi testi più autobiografici, questo romanzo breve colpisce per lo stile impeccabile di Bassani e per i temi trattati. Notevole la descrizione dei suoi luoghi natii, ma soprattutto l’attenta analisi psicologica dei personaggi al suo interno.
L’ambientazione, come in tutte le opere dell’autore, rimane Ferrara, che nelle pagine di Bassani non rappresenta solo lo scenario in cui avvengono i fatti, ma diventa co-protagonista indiscussa delle vicende narrate.
Leggere le pagine di Bassani significa trasportarsi nella città estense e ammirarne i colori e le atmosfere.
Il sole al tramonto, forando una scure coltre di nuvole basse sull’orizzonte, illuminava vivamente ogni cosa: il cimitero ebraico ai miei piedi, l’abside e il campanile della chiesa di San Cristoforo poco più in là, e sullo sfondo, alte sopra la bruna distesa dei tetti le lontane moli del castello Estense e del duomo. Mi era bastato recuperare l’antico volto materno della mia città […] perché quel senso di esclusione che mi aveva tormentato nei giorni scorsi cadesse all’istante.1
La storia raccontata in questa breve opera è una storia di esclusione, protagonista il dottor Athos Fadigati, otorinolaringoiatra, trasferitosi a Ferrara da Venezia, che in città gode di moltissima stima. Apprezzato per i suoi modi gentili ed educati e stimato come uomo di grande cultura, nel suo ambulatorio, in via Gorgadello, accoglie sempre un gran numero di pazienti. Una sala d’aspetto calda e accogliente è il rifugio di tanti che passano di lì, anche per il solo piacere di scambiare due chiacchiere con lo stimato dottore.
Ma, in una piccola città come Ferrara, tutti conoscono le abitudini dei concittadini e molti iniziano a chiedersi come mai questo gentile medico non abbia ancora preso moglie.
Il dramma di Fadigati prende forma quando iniziano a circolare voci riguardo la sua omosessualità. Avviene in questo momento la sua esclusione dalla società cittadina, il disprezzo sui volti di coloro che fino a poco prima affollavano la sala d’aspetto.
Un gesto, una smorfia bastavano. Bastava anche dire che Fadigati era “così”, che era “di quelli”. Ma talvolta, come succede a parlare di argomenti indecorosi, e dell’inversione sessuale in ispecie, c’era chi ricorreva sogghignando a qualche parola del dialetto, che anche da noi è sempre tanto più cattivo in confronto alla lingua dei ceti superiori. 2
A raccontare la storia di Fadigati e della Ferrara tra gli anni ’36 e ’38 è l’altro protagonista: un giovane ebreo ferrarese, di cui non viene detto il nome, alter-ego dello stesso Bassani. Il ragazzo conosce Fadigati sul treno Ferrara-Bologna che lui e i compagni sono soliti prendere per recarsi all’università e che il dottore prende, due volte a settimana, per conseguire la libera docenza nel capoluogo emiliano.
A bordo, Fadigati conosce i ragazzi, sente finalmente di far parte di un gruppo, di avere amici con cui condividere le ore passate a Bologna, ma tra di loro c’è Deliliers, che non si fa scrupolo di ostentare il suo disprezzo nei confronti del dottore e delle sue tendenze sessuali.
Ed è proprio con questo giovane rampollo che Fadigati si illude di vivere un amore estivo destinato a ferirlo ed umiliarlo irrimediabilmente.
La capacità di Bassani emerge nell’inserire in una vita quotidiana di provincia l’avvento di eventi storici drammatici. L’autore racconta la storia degli ebrei perseguitati partendo dalla sua esperienza di ebreo escluso e non allontanandosene mai.
Ne Gli occhiali d’oro, alla storia dell’escluso dottor Fadigati si intreccia quella del protagonista-narratore, a sua volta escluso dalla società per la sua condizione di ebreo. In un periodo storico cruciale, nella cui ombra si staglia la minaccia delle leggi razziali, il protagonista inizia a sentire il peso della sua condizione esistenziale.
L’atteggiamento dei due uomini nei confronti della loro condizione di esclusi è molto diversa: se da un lato Fadigati si abbandona alla sua esclusione, se ne lascia sopraffare; dall’altro il narratore, davanti ad un padre fascista della prima ora e speranzoso che le leggi razziali non arrivino mai nella città di Ferrara, prende consapevolezza di se stesso e si ribella ad un terribile futuro ormai molto vicino.
Io sentivo nascere dentro me stesso con indicibile ripugnanza l’antico, atavico odio dell’ebreo nei confronti di tutto ciò che fosse cristiano, cattolico, insomma goi. Goi, goìm: che vergogna, che umiliazione, che ribrezzo, a esprimermi così! Eppure ci riuscivo già […] diventato simile a un qualsiasi ebreo dell’Europa orientale che non fosse mai vissuto fuori dal proprio ghetto. Pensavo anche al nostro, di ghetto, a via Mazzini, a via Vignatagliata […]. In un futuro, abbastanza vicino, loro, i goìm, ci avrebbero costretti a brulicare di nuovo là, per le angustie, tortuose viuzze di quel misero quartiere medioevale da cui in fin dei conti non eravamo venuti fuori che da settanta, ottanta anni. 3
1 Gli occhiali d’oro, Giorgio Bassani, Milano, Feltrinelli, 2012, p. 66.
2 Ivi, p. 16.
3 Ivi, p. 72.